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Macroglobulinemia di Waldenström
Definizione della malattia
La macroglobulinemia di Waldenström (WM) è una malattia linfoproliferativa indolente dei linfociti B, caratterizzata dall'accumulo di cellule monoclonali nel midollo osseo e nei tessuti linfatici periferici, associata alla produzione della proteina monoclonale sierica immunoglobulina M (IgM).
ORPHA:33226
Livello di Classificazione: MalattiaRiassunto
Dati epidemiologici
La WM ha un'incidenza annuale complessiva di 1/260.000 negli Stati Uniti ed una prevalenza stimata di 1/102.220 in Europa. Rappresenta circa il 2% di tutti i tumori ematologici maligni.
Descrizione clinica
L'età mediana alla diagnosi è 72 anni; la malattia è due volte più comune nei maschi. I principali segni clinici sono l'epatosplenomegalia, la linfoadenopatia, i sintomi costituzionali, l'emorragia oronasale, la sindrome da iperviscosità e la citopenia. Il principale sintomo d'esordio è l'affaticamento da anemia normocitica normocromica. L'infiltrazione viscerale è rara, ma può interessare lo stomaco, l'intestino tenue, i polmoni, le ghiandole esocrine o la cute; può causare diarrea, steatorrea e porpora cutanea. Alla sindrome da iperviscosità, si possono associare le emorragie retiniche o le gravi complicanze neurologiche (stato confusionale, ictus). Più del 38% dei pazienti presenta una neuropatia periferica. In alcuni casi, la WM si associa ad una sindrome nefrosica. Le principali complicazioni comprendono l'insufficienza del midollo osseo, la citopenia autoimmune, il linfoma a grandi cellule B, la vasculite complessa immune e le infezioni.
Dati eziologici
L'eziologia non è nota. Si ritiene che siano coinvolti fattori immuno-correlati e che la WM abbia una chiara componente familiare, in quanto i consanguinei di primo grado dei pazienti presentano un rischio maggiore di sviluppare la malattia. I geni di suscettibilità non sono stati ancora individuati, ma alcuni loci di suscettibilità sono stati mappati sui cromosomi 6p21.3 e 4q. Inoltre, la metà dei pazienti presenta delle delezioni 6q nelle cellule tumorali. Nel 90% dei casi è stata individuata una mutazione somatica (L265P) ricorrente in MYD88 (3p22).
Metodi diagnostici
La diagnosi è confermata dalla presenza di una proteina monoclonale IgM nel siero e dalla biopsia del midollo osseo (che mostra ≥10% di cellule linfoplasmacitiche clonali). Secondo la Classificazione dei Tumori dell'OMS, la designazione patologica della WM è quella di linfoma linfoplasmacitico. Le cellule sono in genere negative ai marcatori CD3 e CD103, ma esprimono i marcatori cellulari pan-B CD19 e CD20. Il valore mediano dell'emoglobina riscontrato alla diagnosi è 10g/dL. Concorrono alla diagnosi l'elettroforesi e l'immunofissazione delle proteine sieriche e la TAC dell'addome e del bacino. Nel 30% dei pazienti si osservano splenomegalia e/o linfoadenopatie.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con il mieloma multiplo, la leucemia linfatica cronica a cellule B, le altre forme di linfoma non-Hodgkin (si vedano questi termini) e le gammopatie monoclonali di significato incerto. Anche alcune infezioni, come l'epatite, l'AIDS e diverse malattie reumatiche si associano ad un aumento dei livelli di IgM. La presenza di una mutazione L265P in MYD88 permette di differenziare la WM dalle altre malattie linfoproliferative croniche strettamente correlate dei linfociti B, come il linfoma della zona marginale senza aumento di IgM.
Presa in carico e trattamento
Al momento non è disponibile una cura risolutiva. I pazienti asintomatici vengono semplicemente monitorati. Le terapie per i pazienti sintomatici dipendono da diversi fattori (età, progressione della malattia) e comprendono gli agenti alchilanti, analoghi nucleosidici delle purine, il rituximab (RT) e il bortezomib. Il trattamento iniziale di solito è a base di RT, in combinazione con la ciclofosfamide, la doxorubicina, la vincristina e il prednisone (R-CHOP) oppure il desametasone, il RT e la ciclofosfamide (DRC). Le terapie a base di bortezomib vengono somministrate quando è necessario un rapido controllo della malattia o nei pazienti candidati al trapianto autologo di cellule staminali (ASCIT). Per i pazienti che presentano gravi citopenie, sono preferibili il DRC o il RT. I trattamenti di salvataggio possono prevedere l'impiego degli agenti utilizzati inizialmente o degli agenti di una classe diversa, in monoterapia o in combinazione. In alcuni pazienti può essere utilizzata come trattamento di salvataggio una terapia a base di PNA o ASCIT. Di recente, l'Ibrutinib, un inibitore della via del recettore per l'antigene delle cellule B, è stato autorizzato come trattamento di prima linea per i pazienti affetti da WM sintomatica, in particolare in quelli non candidati alla chemio-immunoterapia e in quelli recidivanti.
Prognosi
La sopravvivenza mediana è 5-6 anni dall'inizio del trattamento, ma la WM può essere stabile o progredire lentamente per molti anni, prima che si renda necessario il trattamento.
Informazioni dettagliate
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