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Sindrome di Leigh
ORPHA:506
Livello di Classificazione: Gruppo di malattie- Sinonimo/i
:
- Encefalomiopatia necrosante infantile subacuta
- Malattia di Leigh
- Prevalenza: 1-9 / 100 000
- Trasmissione: Autosomica recessiva o Recessiva legata all'X o Trasmissione mitocondriale
- Età di esordio: Qualsiasi età
- ICD-10: G31.8
- OMIM: 256000
- UMLS: C0023264 C0751267
- MeSH: D007888
- GARD: 6877
- MedDRA: 10062950
Riassunto
La sindrome di Leigh o encefalomielopatia subacuta necrotizzante è una malattia neurologica progressiva definita da specifici segni neuropatologici secondari a lesioni del tronco encefalico e dei gangli della base. La prevalenza alla nascita è di circa 1 su 36.000. L'esordio dei sintomi avviene entro i primi dodici mesi ma, in rari casi, la malattia si manifesta nel corso dell'adolescenza o all'inizio della vita adulta. I primi sintomi più comuni sono la mancata acquisizione delle tappe dello sviluppo motorio, l'ipotonia con incapacità di reggere il capo, il vomito ricorrente e i disturbi motori. Spesso i segni piramidali e extrapiramidali, il nistagmo, i disturbi del respiro, l'oftalmoplegia e la neuropatia periferica compaiono più tardi, mentre l'epilessia non è frequente. La sindrome di Leigh è eterogenea a livello eziologico ma appare secondaria a un difetto della produzione aerobica di energia, ad esempio un difetto del complesso della piruvato-deidrogenasi o un deficit della via metabolica della fosforilazione ossidativa. La maggior parte delle mutazioni si localizza nel genoma nucleare. I geni-malattia identificati finora codificano per una delle subunità del complesso della piruvato deidrogenasi (PDH) o per una delle subunità dei complessi I e II della catena respiratoria o per una proteina coinvolta nell'assemblaggio del complesso IV. Tuttavia, il 10%-30% dei pazienti possiede mutazioni mitocondriali, spesso 8993T>G o 8993T>C, del gene MTATP6, che codifica per una subunità dell'ATP sintasi. Queste persone si presentano in consulenza per sindrome di Leigh a trasmissione materna (MILS) e hanno mutazioni nel DNA mitocondriale (oltre 95% delle cellule). La presenza della mutazione in una percentuale più bassa delle cellule si associa a un fenotipo più lieve, come la sindrome NARP (Atassia Neurogena e Retinite Pigmentosa). In una percentuale dei pazienti l'origine genetica della malattia non è identificata, nonostante la presenza a volte di un difetto biochimico specifico. Nella maggior parte dei casi, la trasmissione è autosomica recessiva. Tuttavia, i difetti della PDH secondari a anomalie della subunità E1 alfa si trasmettono come mutazioni legate all'X e le mutazioni mitocondriali si trasmettono per via materna. La diagnosi si basa sull'imaging cerebrale che evidenzia la localizzazione specifica delle lesioni nel tronco encefalico e nei gangli della base, spesso associate a leucodistrofia e atrofia cerebrale. I livelli del lattato sono aumentati nel liquido cefalo-rachidiano e spesso anche nel sangue. La diagnosi eziologica si basa sulle analisi biochimiche di un difetto della produzione energetica. L'attività della piruvato deidrogenasi si misura sui leucociti o sui fibroblasti cutanei in coltura, mentre lo studio della fosforilazione ossidativa viene eseguito sulle cellule muscolari o epatiche. La consulenza genetica si basa sulla eventuale identificazione della causa della malattia. La diagnosi prenatale è possibile nei casi in cui sia stato identificato il difetto in un gene nucleare. E' più difficile quando è interessato un gene mitocondriale a causa dell'eteroplasmia (coesistenza di mitocondri con genoma alterato e mitocondri normali). Quando si identifica solo il difetto biochimico, la diagnosi prenatale si complica, per le difficoltà tecniche nell'analisi biochimica sugli amniociti e la possibilità che queste cellule non esprimono lo stesso difetto identificato sui fibroblasti. Non è disponibile un trattamento specifico. E' stata proposta la terapia con alcune vitamine o cofattori, compresa la vitamina B1 (tiamina), la vitamina B2 (riboflavina) e il coenzima Q10, che possono essere somministrati in modo sistematico. La loro efficacia dipende dal difetto di base. E' stata proposta una dieta chetogenica per i pazienti con deficit di piruvato deidrogenasi. La prognosi non è buona e l'aspettativa di vita è ridotta a pochi anni nella maggior parte dei casi.
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