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Sindrome di Marfan
ORPHA:558
Livello di Classificazione: MalattiaRiassunto
La sindrome di Marfan è una malattia sistemica del tessuto connettivo caratterizzata dall'associazione variabile di sintomi cardiovascolari, muscolo-scheletrici, oculari e polmonari. La prevalenza stimata è 1/5.000, senza differenza tra i sessi. I sintomi possono insorgere a tutte le età e variano notevolmente tra le persone affette, anche all'interno della stessa famiglia. Il coinvolgimento cardiovascolare è caratterizzato da: 1) progressiva dilatazione dell'aorta, associata a un aumento del rischio di dissezione aortica, che compromette la prognosi; la dilatazione aortica può esitare in un'insufficienza della valvola aortica; 2) insufficienza della valvola mitralica, che può essere complicata da aritmie, endocarditi o insufficienza cardiaca. Il coinvolgimento dello scheletro è spesso il primo segno della malattia e comprende la dolicostenomelia (eccessiva lunghezza delle estremità), il sovrappeso, l'aracnodattilia, l'ipermobilità delle articolazioni, la scoliosi, la protrusione dell'acetabolo, la deformità del torace (torace carenato o pectus excavatum), la dolicocefalia dell'asse antero-posterore, la micrognazia o l'ipoplasia della regione mascellare. I segni oculari comprendono la miopia assiale, che provoca il distaccamento della retina e la dislocazione del cristallino (segni caratteristici sono l'ectopia o la lussazione). Le complicazioni oculari, soprattutto l'ectopia del cristallino, possono esitare nella cecità. Possono essere presenti segni cutanei (smagliature) ed è aumentato il rischio di pneumotorace e di ectasia della dura madre. Nella maggior parte dei casi, la sindrome di Marfan è causata dalle mutazioni del gene FBN1 (15q21) che codifica per la fibrillina-1, una proteina essenziale del tessuto connettivo. Alcune forme cliniche di confine sono dovute alle mutazioni del gene TGFBR2, localizzato sul cromosoma 3, che codifica per un recettore del TGF-beta. La trasmissione è autosomica dominante. Sono stati descritti anche casi sporadici. La diagnosi si basa sui segni clinici e sulla storia familiare. Tuttavia, a causa dell'estrema variabilità dei quadri clinici, può essere difficile stabilire la diagnosi. A supporto della diagnosi sono stati proposti dei criteri diagnostici internazionali (i criteri di Ghent) basati sui segni clinici principali e su quelli meno comuni. La diagnosi differenziale si pone con la sindrome MASS, la sindrome di Shprintzen-Goldberg, il prolasso della valvola mitrale, la sindrome di Ehlers-Danlos e altre malattie che si associano all'aneurisma dell'aorta, come la sindrome di Loeys-Dietz (si vedano questi termini). Una persona affetta ha una probabilità del 50% di trasmettere la mutazione patogenetica. La diagnosi genetica prenatale è possibile nelle famiglie nelle quali è stata identificata la mutazione responsabile della malattia. La gestione della malattia dovrebbe essere multidisciplinare e si dovrebbe avvalere della consulenza di diversi specialisti, compreso il cardiologo, il genetista, il reumatologo, l'oculista, il pediatra e il radiologo. La presa in carico ha l'obiettivo principale di limitare la dilatazione dell'aorta (mediante farmaci beta-bloccanti e la riduzione dell'attività sportiva) e di monitorare periodicamente l'aorta (ecocardiografie con cadenza annuale), al fine di sostituirne la radice, prima dell'insorgenza della dissecazione. L'impiego della chirurgia è consigliato per la correzione delle anomalie scheletriche (stabilizzazione della colonna vertebrale nel caso di scoliosi o la correzione delle deformità toraciche) e delle anomalie oculari (laserterapia o sostituzione del cristallino lussato). Il trattamento è comunque sintomatico. La prognosi dipende dalla gravità dell'interessamento dell'aorta. Seguendo un follow-up regolare e un trattamento adeguato, l'aspettativa di vita dei pazienti è oggi simile a quella della popolazione generale. Infatti, negli ultimi 30 anni, è aumentata di circa 30 anni.
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